Il Coraggio, secondo il Professore
Vi è un coraggio che impone rispetto: la nobiltà dell’eroe, il talento dell’artista, la grandezza del genio, la sicurezza del chirurgo, il valore del professionista, l’intraprendenza dell’imprenditore, la magnanimità di chi perdona. Vi è un coraggio che desta sorpresa: la sfrontatezza del dongiovanni, la spavalderia dello spadaccino, la temerarietà del funambolo, la sicurezza del danzatore, il sangue freddo dello scassinatore, l’abnegazione del soccorritore, il colpo d’occhio dell’intenditore, la stravaganza del dandy, la trattativa spericolata del commerciante, il bluff calcolato del giocatore di poker. Vi è un coraggio che piglia in contropiede: l’impudenza del ladro, la sfrontatezza dello scugnizzo, la spudoratezza della cortigiana, l’audacia dell’innamorato, l’irriverenza del blasfemo. Vi è un coraggio che esige prudenza: la risolutezza dell’irresponsabile, l’ingegnosità dell'autodidatta, l’indiscrezione del saccente, l’improntitudine del temerario, l’irriverenza dello smodato, la saccenteria dell’erudito, la superbia del primo della classe. E vi è un coraggio che merita disprezzo: l’arroganza del padrino, la presunzione dell’incompetente, la protervia del più forte, l’avventatezza dell’ignorante, l’ingiuria del perfido, la faccia tosta dell’adulatore, la villania del maleducato, l’insolenza del guappo, la supponenza dell’arrivato, l’illusione del vinto, la spocchia del vincitore.
Commenti
Dalle sue parole si capisce la sua natura. Non si fa cenno, infatti, al coraggio di chi sa fare un passo indietro, di chi sa trovare il giusto equilibrio, di chi rifiuta gli adulatori, di chi investe nei giovani e nella comunità che gli hanno dato tanto ( e non solo in termini di mmagine), di chi sa farsi da parte, di chi ha capito che il proprio tempo è ormai finito.