CACCIA AI DELFINI, IL MONDO SI MOBILITA

Mobilitazione internazionale in oltre 50 città del mondo per la quinta edizione del "Japan dolphin day". Una giornata mondiale di protesta contro l' uccisione in Giappone di delfini, oppure la loro cattura per finire nei delfinari. Dalle Bahamas al Canada, passando per Germania, Olanda e Ungheria, fino a Hong Kong, Usa e Venezuela, saranno circa ottanta le organizzazioni unite nella protesta da un network internazionale. Nel nostro Paese oggi, di fronte all'ambasciata giapponese, manifestano gli animalisti italiani. "Se il mondo intero è rimasto giustamente scioccato per la storia della piccola megattera di Sidney - afferma Ilaria Ferri, presidente degli animalisti italiani - vorrei che tanta apprensione ci fosse anche per gli oltre 23mila piccoli cetacei uccisi in Giappone, considerati come animali concorrenti nella pesca". Normalmente, spiegano gli animalisti italiani, "da ottobre a marzo a Taiji migliaia di delfini sono braccati e crudelmente uccisi. Quest'anno hanno cominciato già ieri, a settembre: ormai giocano all'anticipo". Come avviene la 'caccia' ai delfini? "I pescatori su una barca, una volta avvistato il branco - spiegano gli animalisti - picchiano su pali di acciaio per creare un muro di suoni e disorientare i delfini, indirizzandoli verso baie e fiordi". Poi "l'imboccatura di questi viene bloccata con delle reti e quindi inizia la selezione degli animali", dove "i più giovani vengono strappati alle madri per finire nei delfinari mentre altri vengono arpionati e sommariamente smembrati e la loro carne utilizzata a scopi alimentari". Per far conoscere il dramma della 'caccia' ai delfini a Tiji, in tutto il mondo nel 2009 verrà diffuso anche un documentario, con le immagini filmate di nascosto dal gruppo americano Ocean Preservation Society (Ops), grazie all'aiuto della coalizione 'Save Japan Dolphins'. Le specie coinvolte sono tursiopi, stenelle, grampi, globicefali e anche pseudo orche. "Adesso è importante inviare fax e firmare la petizione sul nostro sito per dare un segnale forte al governo giapponese" spiega Ilaria Ferri, che non è riuscita ad avere nemmeno un indirizzo di posta elettronica dall'ambasciata giapponese in Italia alla quale inviare messaggi. "Sono sconcertata dal fatto che l'ambasciata - afferma il presidente dell'associazione - abbia detto che non esiste una email a disposizione del pubblico presso la quale inviare forme di protesta. Per questo invieremo le firme direttamente al governo giapponese".

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