Ricevo e pubblico

Cari amici dei blog Nessuno escluso e Il Vescovado.

Mi siete entrambi amici e cari. Voglio bene a tutt’e due e con la medesima intensità. Per questo motivo, mi rivolgo ad ambedue, nella speranza che, da ambo le parti, io riceva ospitalità. Lo so, è lunga, però è bella! Ospitatemi!

Quando ho, tanto tempo fa, studiato, alla Prima Media (allora si andava ad Amalfi, e a piedi), il mio professore di Lettere ci fece studiare (a memoria) il Coro dell’Atto III dell’Adelchi, perché imparassimo a vivere fidando solo nelle nostre forze, senza sperare che popoli stranieri, che avevano perduto tanti figli nella Seconda Guerra Mondiale, ci risollevassero dalle nostre miserie a loro spese. Noi imparammo la lezione e ... abbiamo rifatto l’Italia.

Negli ultimi giorni ho visto alcune facce, che da un paio d’anni quasi si nascondevano, ri-camminare alteri, altezzosi, come qualche tempo addietro.
M’è venuto spontaneo alla mente il Coro.
Ve ne trascriverò solo uno stralcio. Breve, ma molto significativo.

Una breve introduzione:
Fino a qualche decennio fa, prevaleva la Politica delle ideologie; da un po’ di anni, prevale la Politica delle convenienze. Fiat.
Fino a qualche decennio fa, si usava dire: Onore al merito! Oggi diciamo: Onore alla capacità (di fare i ca...si propri)!

E vengo al Coro dell’Adelchi.

Dagli atrii muscosi, dai fori cadenti,
Dai boschi, dall’arse fucine stridenti,
Dai solchi bagnati di servo sudor,
Un volgo disperso repente si desta;
Intende l’orecchio, solleva la testa
Percosso da novo crescente romor.
........................................
E il premio sperato, promesso a quei forti,
Sarebbe, o delusi, rivolger le sorti,
D’un volgo straniero por fine al dolor?
Tornate alle vostre superbe ruine,
All’opere imbelli dell’arse officine, Ai solchi bagnati di servo sudo

Da vecchie cantine, da case in rovina
dalle montagne, da qualche nera officina
da terre bagnate del sudore di servi,
il popolo dei c.d. giapponesi si sveglia
scuote la testa
scossi dall’ultima notizia venuta da Roma.
....................................
E cosa sperate, voi, da quel forte?
Voi, delusi, che cambi le vostre sorti,
che ponga fine al vostro dolore?
Tornate alle vostre superbe ruine,
All’opere imbelli dell’arse officine,
Ai solchi bagnati di servo sudor.

Il forte si mesce col vinto nemico,
Col novo signore rimane l’antico;
L’un popolo e l’altro sul collo vi sta.
Dividono i servi, dividon gli armenti;
Si posano insieme sui campi cruenti
D’un volgo disperso che nome non ha

Commenti

Anonimo ha detto…
il volgo disperso oggi un nome ha ...... "RAVELLO"!!
Anonimo ha detto…
E' solo una questione di usare la pomata giusta affinchè il culo non vi bruci tanto fino al punto da farvi scrivere scrivere e non pensare...
Anonimo ha detto…
So chi ha scritto il commento del 23 maggio alle 21.55...

Attento!
Anonimo ha detto…
caro anonimo del 25/05 21.23 Sono minacce le tue?????? Se hai capito chi sono, tra l'altro non c'è nulla di male, scrivi il nome e non minacciare!!!!!
Ti posso dare molte lezioni si molte cose

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